Reportages 2005 - Buona lettura

LUOGHI D’ITALIA

Vicenza, urbicula suavis

di MASSIMO ZULLO

“Vicenza è una delle rare città per le quali si può, molto dolcemente
delirare” (
Gianni Brera , “Il calcio veneto” Neri Pozza Editore).


   "Sono giunto da poche ore, ma ho già fatto una scorsa in città, e ho visto il Teatro Olimpico e gli edifici del Palladio … soltanto avendo innanzi agli occhi questi monumenti, se ne può comprendere il grande valore ...”. Così scriveva nel “Viaggio in Italia” Wolfgang Goethe, di passaggio a Vicenza nel settembre del 1786. Affascinato dalle bellezze palladiane, il poeta e scrittore tedesco dedicò una particolare attenzione alla città.
   Elegante negli edifici, dolce nei paesaggi, Vicenza offre attività artistiche, monumenti, buona tavola e conserva, con i suoi ponti sul fiume, il fascino di città d’acqua. 
   E’ considerata la più misteriosa, la più intrigante, magica e colta della terraferma veneta, una delle maggiori città d’arte del Veneto.
   Ogni angolo nasconde una sorpresa, ogni palazzo un dettaglio da ammirare.
Eppure non è stata ancora presa d’assalto dai turisti, che preferiscono il mordi e fuggi; registra ogni anno mezzo milione circa di presenze, un terzo di quelle di Verona, poco più della metà di Padova.

   La storia dell’architettura assegna un posto di rilievo all’insegnamento del Palladio (“un uomo straordinario, e per quello che ha sentito in sé, e per quello che ha saputo esprimere fuori da sé”); lo dimostra la diffusione, sia in Europa occidentale che in Gran Bretagna e negli Stati Uniti d’America, di uno stile classicheggiante, detto appunto palladianesimo. ...........

                                                                    Adagio popolare

                                                        VENEZIANI, GRAN SIGNORI;
                                                       PADOVANI, GRAN DOTTORI;
                                                           VERONESI, TUTTI MATTI;
                                                         VICENTINI MAGNA GATTI ….


UN PO’ DI STORIA


  
Situata in pianura, a 40 mt s.l.m., ai piedi dei Monti Berici, ove il Retrone confluisce nel Bacchiglione, Vicenza fu fondata in età preistorica (XI-VII secolo a.C.) con l’insediamento degli Euganei, poi sopraffatti dai Veneti. Fu città fiorente, prima vicus, poi municipium romano (Vicetia); nel periodo imperiale è stata importante nodo di traffico, in quanto attraversata dalla Postumia.
   Nel periodo medievale subì una lunga serie d’invasioni barbariche e, perciò, si cinse fra mura difensive e ponti levatoi. Rifiorì nei suoi palazzi gotici, si organizzò in libero comune nel 1122 e cominciò ad ingrandirsi. Allargato il perimetro, fu sotto il dominio di Ezzelino da Romano, poi appartenne agli Scaligeri, quindi ai Visconti. 
   Subì terribili pestilenze ed altre scorrerie. 
   Non ebbe una propria signoria e si diede alla Repubblica Serenissima di Venezia il 25 aprile 1404. Si dotò allora d’una cinta fortificata. 
   L’inserimento della città nella Serenissima Repubblica di Venezia (alla quale fu fedele dal 1404 al 1796) diede alla città quattro secoli di prosperità e pace, che spinse la nobiltà di Vicenza a profondere grandi risorse nella costruzione e nell’abbellimento della città e delle ville nelle vicinanze.
Nel ‘500 divenne lo scenario del genio di Andrea di Pietro della Gondola, detto Palladio, uno dei maggiori architetti italiani del tempo. Le commesse a Palladio per costruire ville e palazzi degni dell’antichità classica furono megalomani, secondo la definizione che ne diede il conte Ugo Piovene. E, perciò, un altro Piovene, Guido, definì la città una “piccola Roma, un’invenzione scenografica”.     Visse intensamente il periodo napoleonico; fu, poi, sotto il dominio asburgico, che avversò con coraggio, meritandosi la prima medaglia d’oro del Risorgimento. Fu annessa al Regno d’Italia nel 1866 dopo la III guerra d’indipendenza.

   Fu città di frontiera nella Grande Guerra; martire durante la seconda, quando fu duramente colpita dai bombardamenti aerei.
Seppe riprendersi dopo il conflitto, espandendosi in nuovi quartieri nel periodo del miracolo economico
   La città ha ottenuto, sul finire del ’94, una seconda medaglia d’oro al valor militare per attività partigiana durante la lotta di liberazione dalle truppe tedesche (decreto del Presidente della Repubblica del 5 novembre 1994).
   Conta oggi 111.000 abitanti circa, è una città molto attiva sul piano economico; non è più la città agricola di 40 anni fa.
   Il centro storico, salotto buono della città, viene visitato ogni anno da circa mezzo milione di turisti. Convivono lavoratori di varie etnie e l’integrazione è un problema in più; il centro della città è molto curato, mentre le periferie lo sono meno.


ECONOMIA E POLITICA

   Da sempre il motore dell’industria vicentina è la piccola e media impresa.
Accanto alle tradizionali lavorazioni di lana e seta, diffuse nella zona pedemontana della provincia, nel territorio sono presenti industrie meccaniche, chimiche, farmaceutiche, cartarie ed editoriali. Del settore orafo Vicenza è considerata la capitale, mentre il distretto della Valle del Chiampo è leader nel settore della concia (lavorazione delle pelli). Numerose le aziende di abbigliamento (Marzotto) o vinicole (Zonin). 
   Vicenza ha vissuto fasi di full employment, fino alla recente crisi, determinata da un calo delle esportazioni per l’euro forte (fino a qualche anno fa Vicenza esportava più dell’intera Grecia).
   Il turismo vi è vissuto più come oggetto di divertimento che come voce dell’economia produttiva.
Negli ultimi trent’anni Vicenza ha costruito il suo sviluppo soprattutto sull’attaccamento al lavoro.
Al punto che oggi è la capitale secondaria, industriale del Nord Est, per 30 anni locomotiva d’Italia con i suoi distretti industriali caratterizzati dalla piccola e media industria e da un’elevata mobilità sociale.
   L’Associazione industriali di Vicenza è terza per volume di fatturato in Italia, insieme a quella di Brescia, dopo Milano e Torino; è la città con uno dei più alti tassi di immigrazione.
Il volume delle esportazioni é pari a quello di intere nazioni, come Grecia e Portogallo, prima che l’euro forte, la concorrenza dei cinesi, facesse serpeggiare la crisi, mettendo in difficoltà il modello Nordest. Il tessuto di piccole e medie imprese, infatti, se si è dimostrato sufficientemente flessibile a recepire le esigenze del mercato nella fase di sviluppo; poi è entrato in crisi perché poco reattivo alla globalizzazione e alla concorrenza soprattutto del mercato asiatico. 
   Oggi si parla sempre più di crisi del modello Nordest, anzi si mette in discussione anche il fatto che esso sia mai esistito come modello economico.
   Dal punto di vista politico, Vicenza era con Rumor la “sacrestia d’Italia”; la Dc vi raggiungeva percentuali bulgare e la chiesa aveva il suo peso politico. Come e forse più di tutte le altre società provinciali, anche quella di Vicenza aveva i suoi intrighi, sebbene contenuti, come camuffati entro le pieghe d’una antica e consumata diplomazia veneto-democristiana.
   Oggi Vicenza, cuore dell’Italia bianca, di quello che era una volta il Veneto operoso, zuccheroso e pio, che sa essere all’occorrenza gaudente, ha scoperto “i schei”, titolo di un illuminante saggio di Gian Antonio Stella, giornalista del Corriere nato nella città berica. Ma nonostante il boom, si lamenta la mancanza di strade, infrastrutture e la protesta contro il potere centrale è stata alla base del successo delle Leghe.


LE VILLE PALLADIANE

   Destinate sia a residenza estiva sia a lunghi soggiorni in campagna richiesti dalla gestione di ampie proprietà terriere, le ville palladiane a tempio, col frontone triangolare sorretto da colonna e le ali laterali, sintetizzano figurativamente e materialmente gli aspetti funzionali della gestione e di autogratificazione del proprietario.
   Le più rappresentative di questa tipologia sono la Rotonda di Vicenza (ispirata al Pantheon di Roma) e la villa per Daniele Barbano a Maser, arricchita dai superbi affreschi del Veronese.
   La Rotonda è così chiamata perché, pur essendo a pianta quadrata, racchiude al centro una grande sala circolare e un interno molto fastoso. Iniziata nel 1567, alla morte del Palladio era ancora incompleta nelle parti superiori; fu Scamozzi a realizzare la famosa cupola circolare alla quale deve il nome.


CENTRO STORICO

   Il centro di Vicenza, grazie al lungimirante piano regolatore di metà anni ’60, è stato preservato da scempi edilizi che hanno interessato altre realtà.
Superato Campo Marzio, attraverso le forche caudine di Porta Castello, col suo torrione, si accede nel cuore antico della città. Una lapide ricorda che il centro storico e sedici ville palladiane sono state inserite, nel dicembre 1994, nella prestigiosa World Heritage List dell’UNESCO, Ente internazionale che ha il compito di salvaguardare i beni architettonici palladiani, considerati d’interesse eccezionale e di valore universale, per la grande influenza esercitata sulla cultura mondiale.
   Palladio seppe fondere, nelle sue meravigliose creazioni, la maestosità dell’architettura antica con la soave leggiadria dell’arte veneta, facendo di Vicenza, attraverso un rinnovamento nella continuità, una delle più perfette città italiane del Rinascimento.
   Lo scenario che si apre su piazza Castello è di ampio respiro. Si imbocca corso Palladio che attraversa il centro della città. Corso Palladio è l’asse principale della città; ha mantenuto inalterato il proprio tracciato da quando fu il decumano massimo della città romana.
   E’ lungo mezzo Km circa e, al centro, è tagliato perpendicolarmente da un corso dedicato ad Antonio Fogazzaro, il romanziere nato in un palazzo non lontano dalla chiesa di San Lorenzo, chiesa francescana in stile romanico-gotico risalente alla fine del XIII secolo. 
   Proprio al centro del corso Palladio sorge la casa ove nacque Guido Piovene. Il corso centrale è una sequenza quasi imbarazzante di pezzi da collezione: le facciate, i palazzi, le chiese, il tempio di Santa Corona (per il restauro del quale si è attivato il FAI), il Teatro Olimpico (ove sono state appena girate scene del Casanova disneyano con comparse locali), palazzo Chiericati (che dal 1885 accoglie il museo civico e una ricchissima pinacoteca) che si apre su piazza Matteotti, che bilancia col suo ampio scenario piazza Castello, mezzo chilometro più in là.
   Da corso Palladio sono varie le viuzze che ci conducono a piazza dei Signori, con la Basilica palladiana (oggi ricoperta in rame, dopo la distruzione del tetto in seguito ai bombardamenti della II guerra mondiale), la Loggia del Capitanio (che era l’autorità veneziana più alta nelle terre dominate dalla Serenissima), il Monte di pietà, la Torre di Piazza. Adiacente alla piazza maggiore, piazzetta Palladio con la statua dell’artista.
   Con la sua visione tardocinquecentesca, Palladio, riprendendo idee del Sansovino, esce dagli schemi del Bello assoluto rinascimentale ed è quasi in odore di barocco. Egli fece ricorso a elementi architettonici ispirati all’antichità classica, interpretati, però, in funzione del colorismo della cultura veneta. La sua architettura classicheggiante di estrema luminosità e nobiltà destinata a conquistare l’Europa fu, poi, continuata da Vincenzo Scamozzi. Introdotto in città dal poeta Giangiorgio Trissino, il giovane Palladio divenne il beniamino dell’élite aristocratica, trasformando una volta per tutte la concezione del palazzo di città. 
   Il primo intervento del Palladio a Vicenza risale al 1542 ed è costituito dall’ampliamento e rimodernamento delle forme gotiche del palazzo della Regione, trasformato, con l’aggiunta di un doppio loggiato (dorico al piano inferiore, ionico in quello superiore) nelle forme moderne alle quali deve il nome di Basilica palladiana.
   Il gusto per la ricerca di effetti pittorici e coloristici presente in tutta l’architettura del Palladio trova la massima espressione nella sua ultima opera, conclusa poi dallo Scamozzi: il Teatro Olimpico di Vicenza, il più antico teatro coperto, nel quale i portati dell’architettura classica sono reinterpretati in chiave scenografica. Visto lo stupendo gioiello progettato da Palladio e ultimato dallo Scamozzi, Napoleone esclamò: “Qui siamo in Grecia!”.
   In piazza Duomo sorge la cattedrale, il cui nucleo originario risale all’epoca paleocristiana. La costruzione attuale fu iniziata nel secolo XIV e continuata fino al XVI secolo. A fianco al Duomo sorge il palazzo vescovile, che nel nucleo originario risale all’XI secolo e riunisce in sé le tracce di molte successive epoche. Nella stessa piazza si trova il criptoportico romano.
   La città è dominata dal Santuario di Monte Berico, che fu costruito a partire dal 1428 nel luogo ove la Madonna era apparsa ad un’umile contadina, la beata Vincenza Pasini, in un periodo di grande difficoltà della città, devastata dalla peste. Dal piazzale Vittoria, antistante alla Basilica, si può godere d’una stupenda visione d’insieme della città e dei suoi dintorni.
   Al santuario si ascende, a piedi da tutta la provincia l’8 settembre d’ogni anno, festa del patrono; la tradizione voleva, come scrive Virgilio Scapin ne “I magnagati”, che si bevesse lì una cioccolata calda. Da qualche anno a corso Palladio, nella serata della festa del patrono, viene imbandita una lunga tavolata ove è possibile degustare le pietanze locali preparate dai migliori cuochi della zona. 
   E’, comunque, riduttivo parlare di Vicenza come la città del Palladio.
In centro, accanto ai capolavori palladiani, si mescolano senza soluzione di continuità palazzi e chiese di altissima qualità artistica, case e palazzi gotici, barocchi, neoclassici e liberty; c’è, poi, una Vicenza minore da scoprire, fatta di case tipiche, corsi d’acqua scavalcati da ponti. Né si possono ignorare le cittadine vicine: Bassano (da anni impegnata in una battaglia per diventare provincia), Marostica (celebre per la partita a scacchi figurata che si tiene a settembre degli anni pari), Asiago (con i suoi percorsi montani) e Schio (la “Manchester italiana” per le sue industrie laniere).


CULTURA

   Vicenza ha dato i natali allo scrittore Antonio Fogazzaro (1842-1911) e a Paolo Lioy (1834-1911), scienziato e poeta della natura; Antonio Zanella (1820-1888), poeta nato a Chiampo, ma vissuto in città; di Guido Piovene, nato al civico 76 di corso Palladio nel 1907, in un antico edificio di proprietà della famiglia restaurato nel 1830, è appena trascorso il trentennale della morte, avvenuta a Londra nel 1974, anno in cui partecipò con Indro Montanelli alla fondazione del Giornale nuovo. Scrisse Viaggio in Italia nel 1957.
   Altri scrittori noti al grande pubblico Mario Rigoni Stern (“Il sergente nella neve”), di Asiago, Luigi Meneghello di Malo (“Libera nos a malo” e “Piccoli maestri”), Virgilio Scapin, Neri Pozza, Renato Ghiotto, Bandini e Silvio Negro.
   Vicenza ha dato i natali anche a Goffredo Parise (1929-1986), autore de “Il Prete bello”; lo scenario cittadino ha fatto da sfondo alla trasposizione cinematografica di Mazzacurati con Roberto Citran e Adriana Asti; a Vicenza è stata girata anche una delle ultime prove di Ugo Tognazzi in “Ultimo minuto” di Pupi Avati. Attualmente vi si sono girate alcune scene del Casanova disneyano.     Le bellezze artistiche si sono negli anni prestate a fare da sfondo a molti films della commedia all’italiana.
   Dal punto di vista culturale Vicenza è una città peculiare: non sede universitaria, se non da qualche anno, tuttavia cittadina ricca di istituzioni culturali raffinate. C’è nella città berica, mai stata una capitale “politica”, la massima concentrazione culturale, una straordinaria stratificazione di passato e futuro, che si accentua nel Novecento, e una cultura raffinatissima. Questa cultura s’incontra, poi, con le cospicue tradizioni industriali (da Alessandro Rossi a Gaetano Marzotto) dando vita a un connubio vincente, alla base dei successi imprenditoriali.


GASTRONOMIA

   La specialità più nota è il baccalà alla vicentina; poi i bigoli all'arna (pasta al torchio condita con sugo di anatra). Poi ci sono "risi e bisi" (riso e piselli), gli asparagi di Bassano, polenta e osei (uccelli), e dolci come le frittòle (frittelle di Carnevale) e i crostoli.

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