Sul
treno Cremona - Roma incontro Elia, giovane studente libanese,
da alcuni anni nella città lombarda, di cui ha assunto la
parlata, tant'è vero che lo scambio per un italiano. Ha
studiato prima dai frati del suo Paese (dove, accanto alla
componente musulmana, ci sono i cattolici maroniti), poi in un
convento a Cremona.
Elia
parla con entusiasmo della città, ma anche di Assisi, dove si
sta recando presso alcuni amici frati. Ha diciannove anni, una
buona dialettica e l'entusiasmo delle sua età. Nel corso di una
conversazione telefonica afferma che "lascerebbe Cremona
solo per Assisi".
L'esperienza
tra i frati non lo ha portato ad indossare il saio, ma è stata
oltremodo formativa. A Cremona ha imparato a dipingere stupende
icone sacre. Me ne mostra alcune durante il viaggio. Sono la
Madonna Nera, con e senza il Bambinello, Santa Chiara, San
Francesco, Padre Pio. Con le sue giovani mani egli sa imprimere
sulla tela visi dagli occhi espressivi, dai contorni precisi,
dall'incarnato così curato e dolce da sembrare vero. Primi
piani, ma anche figure intere. Su queste ultime gioca molto
l'effetto ombra luce, la piega del vestito, la stessa posa del
soggetto sacro raffigurato.
Una
bellissima Santa Chiara in miniatura, a figura intera, è stata
dipinta su di un legno che era lo scarto della lavorazione di un
violino. Stava per essere buttato via. Il giovane artista lo ha
recuperato nella bottega di un liutaio prima che ciò accadesse.
Ho
l'immediata sensazione di essere al cospetto di quella che si
dice vera arte, perché questi soggetti sono capaci di
emozionarmi, non è una bellezza fredda e statica, quei volti,
quelle mani -come quelle sanguinanti di S. Francesco, o quelle
tenere della Madonna che abbraccia il Figlio, o di Santa Chiara
che benedice- sembra che parlino, la materia diventa viva.
La
speranza del mio giovane interlocutore è che qualche negoziante
acquisti i suoi lavori... poi si vedrà.
Eppure, quello che è più interessante sapere, è come nascono
certi lavori, che poi vediamo esposti nelle botteghe di arte
sacra. Elia me lo spiega, senza mostrare gelosie di mestiere.
La tavola di compensato va opportunamente e lungamente trattata.
Prima ci si passa sopra del gesso bagnato nell'acqua, fino a
ricoprirla, poi si lascia asciugare per circa quattro ore.
Quindi si utilizza della carta vetrata liscia e la si fa
scorrere delicatamente sulla tavola per tre volte, fino a che il
legno perde il suo aspetto di legno. A questo punto il materiale
è pronto per accogliere lo sfondo di un solo colore, in
acrilico. E su questo, una volta tinteggiata la parte centrale
ed i bordi, fino a ricoprirli, si può iniziare a dipingere. I
colori acrilici rendono i soggetti brillanti e luminosi, molto
belli da guardare.
Il segreto di quest'arte è stata tramandata al giovane da un
monaco cremonese. Elia mi spiega che completa i suoi soggetti in
una settimana, che il primo che a suo tempo ha dipinto gli ha
richiesto due mesi e che il grosso del lavoro sta nella
preparazione delle tavole.
Mi
dice anche che dipinge esclusivamente soggetti umani e che ha
iniziato con i nudi.
Poi
si parla di filosofia, di teologia, di religioni. E poco prima
di scendere a Firenze per cambiare treno, questo giovane di
diciannove anni ama ricordare quanto appreso nel corso dei suoi
studi presso i frati: in ogni cosa, anche nella più
insignificante, c'è un tesoro nascosto. Sta a noi cercarlo
oppure lasciar passare le cose, anche quelle che reputiamo le più
consuete e banali che quotidianamente ci sfilano davanti agli
occhi, e che per questo, il più delle volte, non comprendiamo
nella loro profonda verità e nel loro valore.
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